Eroine storiche

LA DONNA NEL RINASCIMENTO
Fenomeno nuovo e caratteristico dell’età rinascimentale fu l’emancipazione della donna, che alle attrattive fisiche aggiunse quelle dell’intelletto e della cultura.
Come il Rinascimento abbonda di uomini d’eccezione, così non è provo di donne che seppero emergere per la loro intelligenza e per le loro virtù, oltre che per la bellezza e la raffinatezza. Per queste doti la donna del Rinascimento uscì dalle restrizioni entro cui l’aveva costretta il Medioevo, divenendo quasi l’eguale dell’uomo. Partecipava alla vita pubblica ed era la regina della corte e dei salotti, discutendo di letteratura, di arte e filosofia; sapeva all’occorrenza reggere con saggezza e con forza uno Stato, esplicando quelle funzioni che solitamente erano riservate agli uomini; non rifuggiva dall’ascoltare storie piccanti, né si scandalizzava di una certa libertà di linguaggio, mantenendo tuttavia la sua modestia e la sua grazia. La donna del Rinascimento – scrive il Durant – si emancipò senza bisogno di propaganda femminista, solo in grazia della sua intelligenza, del suo carattere e del suo tatto, e facendo leva sull’acuita sensibilità dell’uomo verso le sue attrattive, tangibili e intangibili.
La sua bellezza matronale servì da modello a centinaia di Madonne e a numerosi altri ritratti.
Dobbiamo tuttavia precisare che questa parte poteva essere recitata non dalla donna comune, ma soltanto da poche fortunate che la sorte poneva tra l’aristocrazia del tempo.

La prima donna del mondo: Isabella D'Este
 Della donna rinascimentale, da alcuni definita uno dei pochi capolavori dell’umanità, il Castiglione traccia la figura ideale nel terzo libro del Cortegiano; ma è ad Isabella d'Este che spetta il merito di aver personificato tale ideale e in modo veramente superbo e ineguagliabile. Nessuno mette in dubbio che la Marchesa di Mantova abbia degnamente meritato l’appellativo di "prima donna del mondo" o quello di " regina del gusto" in un’epoca in cui il gusto non mancava di certo. Poeti e artisti si inchinarono di fronte a questa straordinaria creatura, e non certo per ricavarne un guadagno, perché le finanze del Ducato di Mantova non permettevano una eccessiva generosità; Isabella tuttavia seppe accumulare, come osserva il Montanelli,.." un tesoro senza spendere una lira."
 Figlia di Ercole I d’Este, Isabella trascorse la sua fanciullezza nella fastosa corte di Ferrara, in cui si davano convegno poeti, musicisti, drammaturghi e artisti tra i più rinomati. A sedici anni dovette abbandonare la sua raffinata dimora per andare sposa a Gianfranco Gonzaga, marchese di Mantova. Qui non certo con la dote, che pare fosse scarsa, ma con l’intelligenza, la grazia, la cultura e la vivacità, più ancora che con la sua bellezza ( che non sembra fosse eccezionale), riuscì a imporsi all’attenzione della corte prima, e alle più eminenti personalità del tempo poi. Di maniere impeccabili e di conversazione brillantissima, amante delle arti e delle lettere, modesta e saggia, elegante e raffinata, trasformò la sua reggia, fino allora assai modesta, in uno dei centri più brillanti del Rinascimento, convincendo quasi tutti gli artisti a lavorare per lei. Per tutta la sua vita si dedicò alla raccolta di manoscritti, statue, quadri, maioliche, lavori in oreficeria, il tutto scelto con grande discernimento e profonda competenza: un vero tesoro che la brillante Marchesa pare che pagasse più con le lodi che con il denaro, un po’ per la modestia dell’erario e un po’ (qualcuno insinua) per una certa avarizia, che comunque seppe dissimulare con grande accortezza, ricorrendo a quelle doti che facevano di lei la più attraente delle donne. Sotto il suo regno Mantova raggiunse il massimo del suo fulgore artistico, per merito soprattutto di uno dei più grandi pittori del Rinascimento: Andrea Mantegna (1431-1506). Questo straordinario artista, che già a Padova aveva dimostrato le sue eccezionali doti in numerosi affreschi (oggi in gran parte perduti in seguito alle distruzioni dell’ultima guerra), divenne pittore della Corte di Mantova nel 1459 e in questa città rimase quasi ininterrottamente fino alla morte, protetto ed aiutato da Isabella. Tra le sue numerose opere (affreschi, quadri, polittici, pale d’altare) meritano soprattutto di essere ricordati gli stupendi affreschi della Camera degli Sposi, in Palazzo Ducale, in cui l’artista raggiunse una coerenza spaziale esemplare, destinata a influenzare ampiamente la scenografia dei secoli successivi.
Isabella ammirata da papi e da cardinali, da principi e da re, che ne cercavano l’amicizia, seppe anche governare Mantova con molta saggezza e con abile diplomazia, specialmente quando dovette sostituire il marito, che trascorse gli ultimi anni della sua vita gravemente ammalato di sifilide.
 Eppure tra tanta gente che l’ammirava e l’amava, in una società dove l’adulterio era all’ordine del giorno, Isabella si comportò sempre da moglie perfetta, nonostante che proprio il marito fosse l’unico a non subirne il fascino e se la spassasse allegramente con altre donne. Può anche darsi che proprio l’amarezza della vita coniugale abbia spinto Isabella a dedicarsi con tanta passione alle arti, alle lettere e agli amici. Sta di fatto che mai in pubblico manifestò gelosia o irritazione, tanto che qualcuno ha avanzato l’ipotesi di una certa frigidità della donna.
Eppure anche in lei non mancò qualche tratto di egoismo e di amoralità, comune del resto alla sua epoca (e non solo alla sua): l’affetto per la cognata Elisabetta, testimoniato da un ricco epistolario, non le impedì di inviare un grazioso messaggio a Cesare Borgia, dopo che questi si era impossessato del Ducato di Urbino, residenza di Isabella, ed unicamente per avere dal Valentino un famoso Cupido di Michelangelo. Così pure, dopo la caduta del cognato Ludovico il Moro, da cui aveva sempre ricevuto protezione e cortesia, non esitò a partecipare ad un ballo, che il vincitore, Luigi XII di Francia, diede a Milano. Fu certo un’abile mossa politica, che le permise di salvare il suo piccolo trono dalle vendette del monarca francese: anche in lei, donna elegante e raffinata, faceva presa il machiavellismo politico del suo tempo.
Al nome di Isabella d’Este molti altri se ne possono aggiungere per dimostrare la valida presenza della donna sulla scena del Rinascimento italiano: Caterina Sforza, Bianca Maria Visconti, Lucrezia Tornabuoni, Beatrice d'Este, Lucrezia Borgia. Il gentil sesso non mancò neppure di far capolino per la prima volta nella nostra storia letteraria per merito di due poetesse: Gaspara Stampa (1523-1554) e Vittoria Colonna (1492-1557) che portarono un palpito di gentilezza e sincerità alla monotona e impersonale lirica del Cinquecento.
  
Scritto da Fiorella Pilato
27/04/2011


Costanza d'Altavilla
(Palermo, 2/11/1154 - Palermo, 27/11/1198)
Costanza d'Altavilla fu Regina di Sicilia ed Imperatrice (come moglie di Enrico VI di Svezia), fu madre di Federico II di Svezia. La sua inclinazione alla vita monastica fu inibita dalla scelta di Guglielmo II di Sicilia che la volle sposa di Enrico VI, di undici anni più giovane, figlio di Federico Barbarossa, per consolidare l'unione tra la Svezia e la Sicilia. Dopo varie peripezie politiche, alla morte di Tancredi Re di Sicilia, Enrico VI scese in Italia per riconquistarla, il giorno dopo Costanza scendendo pure lei dalla Germania per ricongiungersi al marito, in Sicilia, dovette sostare a Jesi per dare alla luce un figlio, il futuro Federico II del Sacro Romano Impero. Dovette subire un fatto molto increscioso: Costanza aveva 40 anni e all'epoca era considerata un'età molto avanzata, quindi si mise in dubbio la sua gravidanza, di conseguenza dovette partorire pubblicamente in piazza su un baldacchino per fugare ogni dubbio. Alla morte del marito avvenuta nel 1197, divenne tutrice del figlio per la reggenza e prima di morire lo mise sotto la tutela di Papa Innocenzo III (Federico aveva 4 anni).
Costanza d'Altavilla morì all'età di 44 anni e fu sepolta nella Cattedrale di Palermo.


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